DESCRIZIONE E INCIDENZA
Il gene NF2 è un gene oncosoppressore che contiene le informazioni per la sintesi della merlina, una proteina che riveste un ruolo fondamentale nel contrastare i tumori del sistema nervoso, in particolare delle cosiddette cellule di Schwann, che rivestono i conduttori delle fibre nevose con funzione protettiva e isolante.
L’alterazione qualitativa o quantitativa della merlina nelle persone affette da NF2 favorisce la formazione di tumori multipli del sistema nervoso centrale e periferico che aumentano per numero e volume nel corso degli anni in base al livello di gravità della malattia e del tipo di mutazione del gene.
In Italia non sono presenti studi che indichino l’incidenza sulla popolazione tuttavia in Gran Bretagna (Paese con numero di abitanti simile al nostro) lo studio dell’incidenza di nati sulla popolazione fa stimare che 1 persona su 33’000-40’000 nasca con una mutazione del gene NF2[1].
Questa malattia viene trasmessa in forma ereditaria nel 50% dei casi circa (ciò avviene quando uno dei due genitori presenta il gene mutato e lo trasmette alla prole), nella restante metà dei casi si presenta nella forma cosiddetta sporadica, cioè compare ex novo nei figli di genitori sani. Colpisce allo stesso modo uomini e donne.
In alcuni casi può presentarsi nella forma “a mosaico”, quando solo alcuni tessuti e organi presentano la malattia; in questo caso, in genere, ha un decorso meno grave.
Le formazioni tumorali tipiche della NF2, causate dal deficit di merlina e rappresentate principalmente da schwannomi, meningiomi ed ependimomi, sono classificate come benigne poiché non generano metastasi, tuttavia possono causare danni molto gravi ai pazienti a causa delle sedi anatomiche delicatissime in cui si formano, della loro frequenza e del loro sviluppo non prevedibile, con necessità di continui controlli e approcci terapeutici multidisciplinari.
CRITERI DIAGNOSTICI
In genere la NF2 si rivela nei giovani adulti prima dei 30 anni, ma talvolta l’insorgenza avviene in età pediatrica molto precoce.
Sebbene la malattia si presenti in modo differente a seconda dell’età di insorgenza, sono definiti alcuni precisi criteri che devono far sospettare la presenza di NF2. Il medico genetista può confermare la diagnosi suggerita dal quadro clinico tramite l’esecuzione del test genetico.
Per avere una diagnosi confermata il paziente deve presentare:
- uno schwannoma vestibolare bilaterale;
oppure
- un familiare di primo grado con NF2 e uno schwannoma vestibolare unilaterale che si presenta prima dei 30 anni;
oppure
- un familiare di primo grado con NF2 e due tra: neurofibroma, glioma, meningioma, schwannoma, opacità lenticolare subcapsulare posteriore giovanile o cataratta corticale giovanile (nei bambini)
oppure
- schwannoma vestibolare unilaterale e due tra : neurofibroma, glioma, meningioma, schwannoma, opacità lenticolare subcapsulare posteriore giovanile o cataratta corticale giovanile (nei bambini)
oppure
- più meningiomi e schwannoma vestibolare unilaterale o più meningiomi e due tra: neurofibroma, glioma, schwannoma, opacità lenticolare subcapsulare posteriore giovanile o cataratta corticale giovanile (nei bambini).
L’analisi genetica si effettua sul sangue o, in caso negativo, in due diversi tessuti tumorali asportati chirurgicamente. Al momento difficilmente il test genetico può prevedere il decorso della malattia, probabilmente sarà possibile in futuro anche grazie all’implementazione dei registri nazionali o internazionali, che metteranno a disposizione della comunità scientifica una casistica più ampia e sistematica.
Nelle famiglie a rischio con mutazione genetica identificata è possibile effettuare la diagnosi prenatale tramite amniocentesi o villocentesi con un’accuratezza del 65% circa.
ASPETTI CLINICI COMPLESSIVI
Gli aspetti clinici più evidenti possono essere:
Abbassamento o perdita dell’udito che può accompagnarsi o essere preceduta da acufeni. Tali problematiche compaiono nella quasi totalità dei casi. Possono essere presenti inoltre vertigini o mancanza di equilibrio.
Mononeuropatia, che colpisce in particolare il nervo facciale, causando una paralisi simile a quella di Bell.
Presenza di cataratta, opacità lenticolare subcapsulare posteriore che raramente richiede rimozione, possono essere presenti opacità corticali a cuneo sin dai primi anni di vita.
In età pediatrica la presenza di meningiomi del nervo ottico può causare perdita della vista nei primi anni di vita ed amartomi retinici estesi possono influenzare la capacità visiva. È quindi importante segnalare che la presenza di queste anomalie oftalmiche potrebbe essere un campanello d’allarme diagnostico.- La rilevazione di anomalie della pelle può contribuire alla definizione della diagnosi, ma le caratteristiche cutanee in NF2 sono a volte complesse da individuare. Il tipo più frequente è una lesione a placca intracutanea, leggermente rialzata e più pigmentata della cute circostante. Spesso il paziente può avvertire la presenza di tumori nodulari sottocutanei più profondi sui nervi periferici. Questi tumori si presentano come un rigonfiamento fusiforme del nervo. Sono presenti a volte anche macchie caffè latte sulla cute.
Possono inoltre essere presenti alcuni dei seguenti sintomi:
- Difficoltà di deglutizione.
- Deficit motori.
- Cefalea, perdita di memoria, crisi epilettiche, ipertensione endocranica.
Membrane epiretiniche (sottile membrana o tessuto cicatriziale che si forma sulla retina).
Dolori, anche molto intensi.

OPZIONI TERAPEUTICHE
In prima battuta le armi principali per il contrasto degli effetti della malattia sono l’approccio multidisciplinare e la tempestività, cioè la scelta del momento opportuno per mettere in atto un intervento, soppesando attentamente il bilancio tra benefici ed effetti collaterali. Per essere tempestivi è necessario un monitoraggio costante tramite:
- visite periodiche di controllo dai vari specialisti, che devono essere esperti della malattia; purtroppo attualmente non esistono in Italia centri dedicati che raccolgano in un’unica struttura tutte le competenze necessarie ai pazienti, come invece avviene in altri paesi europei;
- esami diagnostici, tra i quali quello d’elezione è la risonanza magnetica poiché non espone il paziente a radiazioni ionizzanti potenzialmente oncogene.
La risonanza magnetica in genere viene effettuata ogni sei o dodici mesi, con l’impiego di liquido di contrasto (gadolinio). Si può dire che un macchinario per la risonanza magnetica abbia una buona risoluzione quando funziona almeno ad alto campo (1,5 tesla), meglio se ad altissimo campo (3 tesla). Naturalmente, oltre all’aspetto tecnico, è fondamentale la competenza del medico radiologo nella lettura delle immagini; nella NF2 e’ particolarmente importante che si confronti quanto rilevato dalla risonanza sia con i referti dell’esame precedente sia con quelli passati, in modo da cogliere anche modificazioni in apparenza piccole ma che valutate su un intervallo di tempo più lungo risultano sensibili.
In genere la risonanza viene effettuata a testa, collo e busto ma, in alcuni casi, lo specialista può richiedere un esame whole body, cioè che vada ad indagare la presenza di formazioni in tutto il corpo.
E’ invece consigliabile ridurre al minimo indispensabile l’impiego di esami che contemplino l’impiego di radiazioni (tac, lastre, “panoramiche”…).
Gli esami diagnostici devono essere affiancati da visite periodiche che, in base al caso specifico, possono comprendere varie specializzazioni, tra cui, a titolo di esempio:
- neurologia;
- otorino;
- oculistica;
- dermatologia;
Quando, durante il monitoraggio della malattia, lo specialista valuterà che il bilancio tra i potenziali danni derivanti dalla crescita delle masse tumorali e le conseguenze di un intervento propendono per quest’ultima soluzione in genere è necessario ricorrere alla neurochirurgia, che rimane la principale e, talvolta unica, opzione per i malati di NF2.
In alcuni casi può essere valutato l’impiego della radiochirurgia, una sofisticata evoluzione della radioterapia che consente di irradiare le lesioni tumorali con grande precisione, indirizzando un’elevata dose di radiazioni ionizzanti direttamente sul bersaglio. In questo modo la radiochirurgia risulta una terapia generalmente efficace con effetti tossici inferiori alla radioterapia tradizionale.
La scelta deve essere valutata attentamente, soprattutto in ambito pediatrico, soppesando l’evenienza di favorire la formazione di tumori secondari cosiddetti “radioindotti” in soggetti predisposti quali i malati di NF2. La relativa giovinezza di queste tecniche fa si che non ci sia ancora un’ampia letteratura sulla sperimentazione della radiochirurgia in soggetti affetti da NF2 e sugli effetti a lungo termine, che comunque è impiegata sia in Italia che all’estero, soprattutto in soggetti già operati o per raggiungere sedi particolarmente complesse.
La radiochirurgia comprende varie tecnologie, tra cui:
- gamma knife (letteralmente coltello ai raggi gamma) o radiochirurgia stereotassica, impiega come sostanza radioattiva il cobalto, necessita una leggera sedazione per il fissaggio mediante perni del casco stereotassico;
- cyber knife, rispetto alla gamma knife può operare su tutto il corpo e non solo sulla zona del cranio, inoltre, non utilizzando elmetti fissati al capo può essere frazionata in varie sedute, non utilizza sostanze radioattive come sorgente delle radiazioni;
- protonterapia o adroterapia.
(APPROFONDIMENTO SUCCESSIVO SULLA RADIOCHIRURGIA)
Da qualche anno i malati di NF2 hanno a disposizione anche un’opzione farmaceutica, mirata al rallentamento dello sviluppo degli schwannomi a rapida crescita e, in modo più controverso, degli ependimomi (benefici sui meningiomi non sono dimostrabili), rappresentata dal farmaco Bevacizumab, un anticorpo monoclonale normalmente impiegato per contrastare l’angiogenesi tumorale che viene somministrato per via endovenosa, in genere ogni tre settimane in sedute della durata che varia da 30 a 90 minuti.
Oltre a stabilizzare o ridurre le dimensioni degli schwannomi vestibolari talvolta consente un miglioramento dell’udito, i due parametri infatti non sono necessariamente correlati. In genere la risposta clinica al trattamento è abbastanza rapida, entro tre mesi dall’inizio della somministrazione; purtroppo a causa di effetti collaterali si può rendere necessaria la sospensione del trattamento, dopo la quale normalmente si assiste alla recidiva del tumore [2].
Le principali controindicazioni nell’assunzione di questo farmaco sono di tipo cardiaco (ipertensione) e renale (proteinuria), possono comparire affaticamento, infezioni ed altri problemi da discutere preventivamente con il medico.
Essendo un farmaco impiegato da poco tempo nella NF2 non ci sono ancora studi sulla tossicità sul lungo periodo e protocolli di somministrazione unanimi. Fa eccezione lo studio effettuato nel Regno Unito sotto la direzione di Gareth Evans e pubblicato nel 2016 [3], che ha coinvolto 61 persone dai 10 ai 57 anni, per un periodo di monitoraggio dai 3 ai 53 mesi; nel 51% dei casi il tumore si è stabilizzato e nell’86% l’udito ha avuto un miglioramento. Si sono verificate 12 interruzioni del trattamento per avventi avversi.
Grazie a queste importanti evidenze scientifiche e alla battaglia portata avanti dalla dottoressa Stefania Mostaccioli, ex presidente dell’associazione, nel Novembre 2019 l’Agenzia Italiana per il Farmaco ha inserito il Bevacizumab nell’elenco della L. 648/96 che cataloga i farmaci “innovativi”, non autorizzati o solitamente impiegati con indicazioni diverse che, in mancanza di alternative terapeutiche valide, possono essere erogati a carico del Sistema Sanitario Nazionale, facilitando l’accesso alla terapia.
Sono inoltre in fase di sperimentazione altri medicinali, ad esempio sono in corso studi sull’efficacia del farmaco Brigatinib nel contrasto ai tumori solidi legati alla NF2.
In particolare è stata recentemente sviluppata una piattaforma di sperimentazione clinica, chiamata INTUITT-NF2, coordinata dal dott. Scott Plotkin del Massachusetts General Hospital e da Jaishri Blakely della Johns Hopkins University, che avrà la peculiarità di studiare gli effetti di un farmaco su più tipologie di tumore e, quando saranno disponibili altre potenziali terapie oltre a Brigatinib, di più farmaci alla volta. Il finanziamento dello studio è sostenuto principalmente da Children’s Tumor Foundation e dall’azienda Takeda Pharmaceutical.
[Impianti uditivi al Tronco Encefalo (ABI)] cliccabile per approfondimento* (==>> Martina)
Ciò che si auspica per il futuro è la messa a punto di terapie geniche che vadano ad agire direttamente sulla causa della malattia in modo sicuro e non invalidante, sostituendo il gene difettoso con una copia sana o provocando al morte delle cellule tumorali. Una delle associazioni più attive nel sostegno di queste strategie di cura è l’americana NF2 Biosolution, che tra le varie iniziative ha creato una biobanca, cioè una raccolta anonima di campioni di tessuti e cellule che possano diventare oggetto di ricerca. Sta inoltre supportando quattro importanti laboratori che portano avanti progetti di terapia genica ed immunoterapia per combattere la NF2.
(APPROFONDIMENTO SUCCESSIVO SULLE BIOTECNOLOGIE)
Per il momento ciascuna delle opzioni terapeutiche disponibili presenta conseguenze o effetti collaterali importanti quindi deve essere attentamente valutata insieme a medici esperti della patologia.
La NF2 è una “gara di resistenza”, se il monitoraggio viene condotto in modo costante e accurato le problematiche legate alla patologia concedono in genere un periodo di attesa tra la loro comparsa e la necessità di intervento, questo intervallo deve essere messo a frutto per la scelta della strategia d’azione migliore e di professionisti specializzati ed esperti.
NF2 Project aps si sta battendo per individuare, sostenere ed eventualmente formare questi professionisti e per trasformare “interventi tampone” in vere e proprie opzioni terapeutiche codificate.